Pescara. «Papà stanotte vengono le persone cattive?». E la domanda disarmante di una bambina di pochi anni al padre ormai traumatizzata da una esperienza che segna la vita. E’ il dramma dei furti e delle rapine in casa. Perché non c’è solo il dispiacere dei propri averi portati via ma anche la paura, il terrore di trovarsi faccia a faccia con il rapinatore, in piena notte, senza riuscire a difendere i propri cari, i propri bambini che, nonostante la loro tenera età, sono costretti a confrontarsi con ‘l’uomo nero’. E tutti parlano di «violenza» simile ad uno stupro per la violazione più grande che c’è della propria privacy e del proprio spazio intimo. In questi giorni la paura degli italiani -ma anche il dibattito polito su un eventuale inasprimento delle pene per chi si introduce nelle abitazioni altrui- è riesplosa in tutta la sua drammaticità dopo il caso di un pensionato di Vaprio D’Adda, paesino in provincia di Milano, che ha sparato, uccidendolo, ad un rapinatore. L’uomo, oggi indagato per omicidio volontario, nelle ultime ore ha tentato di spiegare la necessità urgente di cambiare la legge. «Servono 25 anni di galera a chi si introduce in una casa perché non sono solo furti ma stupri psicologici». In Abruzzo nelle ultime ore il sindaco di Spoltore, Luciano Di Lorito, ha chiesto al Governo di intervenire: « è necessario un intervento. Bisognerebbe aumentare le risorse economiche e umane da destinare ai Carabinieri, impegnati a vigilare e a operare eroicamente su più fronti, anche in condizioni sfavorevoli, e a tutte le Forze di Polizia, compresa la Polizia locale, sempre pronta a svolgere un’attenta attività di controllo». Ma si tratta di richieste di aiuto vane e vuote perché da anni lo Stato è impotente. Quotidianamente ormai anche la cronaca registra svariati episodi di incursioni nelle case durante la notte mentre i proprietari dormono, un nuovo fenomeno che segna il salto di livello della nuova criminalità, spesso straniera. Quella che racconta l’avvocato Massimo Di Rocco di Pescara a Prima da Noi è una vicenda drammatica che chiarisce bene cosa si possa intendere per «stupro psicologico», per riportare l’espressione del pensionato milanese. Il professionista pescarese perseguitato da anni dai rapinatori (tre furti in appartamenti in 10 anni) oggi assicura che i malviventi gli hanno portato via tutto. Non solo auto, soldi e oggetti personali ma anche «la serenità; la capacità di poter vivere una vita economicamente serena per la continua abnegazione sul lavoro; la forza di sentirci sicuri e vivi». E questo vuol dire vivere con il timore continuo, «persistente e reiterato di subire qualcosa di irreparabile, di incontrollato e di permanente». «Una rapina che viene perpetrata da un “gruppo” (l’ultima volta ne erano cinque!) contro una famiglia inerme, da una banda di balordi e criminali, non è un “furto”, non è una indebita violazione del domicilio», insiste l’avvocato. «La questione, pertanto, non è “sparare sì, sparare no” o, almeno, non è riducibile solo a tale scelta.
La questione di fondo è intervenire, ex ante ed ex post, per recuperare un rapporto famiglia-società-sicurezza che viene leso per sempre; per ripristinare una condizione di soggezione e di menomazione che toglie il respiro». La prima rapina l’avvocato la subisce nel 2005, a Moscufo, in pieno centro: era una notte d’autunno e i ladri gli portarono via due auto, (una nuova “di zecca” acquistata appena due giorni prima, con all’attivo solo 107 km), 2 orologi, pc portatile, portafogli con relativo denaro, cellulari (poi abbandonati).
In quella occasione, ricorda ancora oggi l’uomo, fu il risveglio il momento più drammatico: «scoprimmo che i criminali avevano mangiato in casa, urinato per le scale, strappato al gatto domestico tutte le unghie dalle zampe. Ci svegliammo di mattina, probabilmente perché narcotizzati, un po’ intontiti, tanto increduli e danneggiati, oltre che nel patrimonio, nell’animo e nella psiche». I giorni successivi i Carabinieri di Loreto Aprutino recuperarono la macchina (non quella nuova). Durante una notte la intercettarono nei pressi di Passo Cordone ad alta velocità, con all’interno ben 5 persone. La pattuglia, raccontarono i militari, non riusciva a stargli dietro. I ladri impattarono contro un muretto e scapparono. Per i Carabinieri, si trattava di persone dell’est, scaltre, rapide, veloci. Non vennero mai presi e le loro gesta sono rimaste impunite mentre la serenità delle vittime è stata minata per sempre. La seconda rapina l’avvocato l’ha subita a Città Sant’Angelo dove nel frattempo si era trasferito, zona stadio comunale. Era la primavera del 2012. «Ci svegliammo una mattina», racconta l’uomo, «che pareva comune come le altre, ma non lo era affatto. Appena alzato ho ricordato di aver lasciato il mio marsupio di fianco al letto, ma non l’ho trovato. L’orologio l’avevo lasciato sul comodino di lato al lettino di nostra figlia in cameretta ma non c’era più». Così come non c’era più l’auto in garage. La moglie uscita fuori al giardino notò la sua borsa all’interno della proprietà del vicino. Era “sgonfia”. Dentro non c’era più nulla. C’era però un “foro” alla porta finestra. Si erano introdotti nuovamente di notte mentre loro erano in casa. Perché questa è la ‘novità’ degli ultimi anni: ville e appartamenti prese d’assalto non nel momento in cui gli inquilini sono fuori casa ma tranquilli nei loro letti, nel momento più intimo e privato. La Polizia Municipale venne allertata da una signora che viveva a circa 4 km da casa dell’avvocato, che sul proprio terreno notò che svolazzavano tanti fogli con sopra l’intestazione dell’attività del legale. Allarmata, avendo notato delle borse 24 ore, aveva chiamato in Comune. «Erano le mie pratiche del lavoro», ricorda l’uomo. Sul luogo vennero ritrovati anche pezzi dell’auto: i ladri avevano smontato l’antifurto satellitare dall’interno del vano motore della macchina. Poi si erano dileguati. Dell’auto nessuna notizia se non l’ennesima beffa: «ricevetti la fattura Telepass che segnò l’uscita alle 05:15 della mia auto al casello di Pratola Peligna. In occasione del primo furto, invece, l’uscita fu quella di Vairano/Caianello. Ci furono sottratti, di nuovo, gioielli, qualche contante, portafogli e, soprattutto, l’orologio». Un fatto, quest’ultimo, che da anni perseguita l’uomo e che è diventato come un tarlo che continua a scavare nella sua serenità. «Non per il suo valore», assicura il professionista, ma perché «lo avevo lasciato a 20 cm dalla testa di mia figlia, sul comodino. I ladri, stavolta, non erano entrati solo nella nostra camera per prelevare il marsupio con tutte le chiavi, portafogli, telefoni, ma si erano addirittura introdotti nella cameretta della bambina, che dormiva teneramente da sola. Pensai immediatamente cosa fosse successo se l’avessero presa e portata via. Mi risposi che sarei andato su uno dei ponti più alti dell’autostrada e mi sarei buttato di sotto». La famiglia è provata e decide di effettuare una serie di interventi dai costi elevati: sostituzione di tutte le maniglie con nuove serrature a chiave; posizionamento di un antifurto perimetrale e volumetrico; posa di un sistema di videosorveglianza interno ed esterno. La tranquillità ormai è totalmente minata, non ci si sente sicuri nemmeno in casa propria. Ma anche l’aspetto economico viene intaccato: «nonostante la copertura assicurativa per il furto, il valore commerciale riconosciutomi dalla Compagnia Assicurativa era pari al valore residuo del finanziamento e nient’affatto al valore commerciale e/o di acquisto. Di lì, poi, gli oggetti trafugati, compresa la collezione di musica classica che avevo raccolto in 30 anni di dedizione». Poi la decisione di cambiare nuovamente casa, spostarsi a Città Sant’Angelo, zona Iper. Perché quando una casa viene ‘violata’ non è più vista come un posto sicuro, un posto in cui stare bene. E qui avviene la terza rapina nonostante un nuovo impianto di videosorveglianza ad infrarossi notturno ed un impianto di allarme (perimetrale e volumetrico). Il 30 giugno 2015, alle ore 2:21 di notte, scatta l’allarme di casa. «Sono sceso rapidamente dal letto, accesi le luci e, senza alcun senso di responsabilità raggiunsi il piano inferiore. Notai tre figure poste a pochi metri di distanza da me. Probabilmente per la vicinanza, osservai in particolare gli occhi di uno dei rapinatori. Fissava il mio sguardo, era fermo ma al contempo pronto all’azione, come a suggerirmi di “tornare in camera”. Rapidamente voltai lo sguardo e la direzione, tornando al piano superiore, urlando a mia moglie che avevamo i ladri in casa. La bimba più grande iniziò a piangere, stava percependo e capendo tutto alla tenera età di quattro anni. Notando che mia moglie era un “cadavere” eretto, mi diressi verso i balconi esterni. Osservai la mia auto (una Porsche Cayenne acquistata 15 giorni prima) ancora all’interno del cancello della villetta. Subito dopo, è apparso nuovamente lui, il rapinatore dagli occhi di ghiaccio, che con le chiavi della mia auto in mano, al mio grido “Fermati disgraziato, cosa fai?” mi rispose “Ma che cazzo vuoi!!!”. Salì sulla macchina, aprì con il telecomando il cancello ed andò via». Anche questa volta spariscono ben 2 ventiquattr’ore con all’interno i fascicoli processuali e di lavoro, pc, le chiavi dello studio, di casa, i portafogli, … «ma soprattutto la mia vita», dice l’uomo.
Dopo otto giorni la vettura è stata rinvenuta e recuperata dalla Polizia Stradale di Fiano Romano: dopo un inseguimento con successivo impatto ed abbandono dei veicolo, ha riportato danni per circa 22.000 euro. «Abbiamo perso la nostra serenità; la capacità di poter vivere una vita economicamente serena per la continua abnegazione sul lavoro; la forza di sentirci sicuri e vivi. Il timore continuo, persistente e reiterato è quello di subire qualcosa di irreparabile, di incontrollato e di permanente», racconta l’avvocato.
«Non dormo più; sono un girovago notturno; controllo ogni sera tutti gli infissi esterni, le porte finestre, i serraggi, gli allarmi, le batterie, le videoriprese, le luci esterne ed interne; sobbalzo dal letto per ogni rumore. Entro nelle camerette di mia figlia e mio figlio e mi chiedo cosa accadrà domani. Ma soprattutto avverto di non essere un buon padre, perché non sono in grado di dare sicurezza concreta ai miei figli dinanzi a tali delitti». La questione, nuovamente, non è difendersi.«La soluzione è che, chi come noi, è stato violato e (permettetemi) violentato nella propria esistenza, deve poter avvertire concretamente lo Stato, un sistema pubblico di sicurezza che interviene a proteggere te e la tua famiglia. Solo qualche giorno fa ho finalmente capito che, in fondo, la mia arrendevolezza e la mia impotenza assoluta derivano dall’aver dovuto prendere atto che sono proprio le forze dell’ordine ad esprimere nei nostri confronti la loro impotenza, per un sistema che posiziona tutti noi (vittime e tutori dell’ordine insieme) dalla parte sbagliata, facendo assumere invece a rapinatori e criminali il convincimento e la certezza che in questo Paese il libero arbitrio criminale e la libera scelta delittuosa possono travalicare e calpestare, senza ritegno alcuno, senza reazione ed opposizione alcuna, le vite di ognuno (infante o adulto che sia), in un disequilibrio di valori, civiltà e dignità. In un limitatezza personale che mi suggerisce ogni notte che, l’unico rimedio, è non dormire e dormire il meno possibile, sperando che ci sia un domani. In un ambito e contesto culturale nel quale subire tre rapine è, infine, frutto di proprie colpe (per avere la passione per le auto) e di proprie condotte eccessive (per tentare di raggiungere lecitamente i propri sogni). E le certezze svaniscono, idee si ingarbugliano insieme alle convinzioni e le paure quando mia figlia, quasi ogni sera, prima di coricarsi, mi chiede: “papà stanotte vengono le persone cattive?”».
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