Pescara. C’e’ attesa per la sentenza nei confronti di Davide Troilo che, il 2 dicembre 2016, uccise la fidanzata, Jennifer Sterlecchini, con 17 coltellate. La ragazza, 26 anni, commessa con il sogno di andare in Spagna, venne uccisa dal 34enne ascensorista nella casa di via Acquatorbida a Pescara, dove i due avevano vissuto. Ma la relazione si interrompe e in quella fredda giornata autunnale, Jennifer torna in quell’appartamento solo per riprendere le ultime cose e trasferirsi definitivamente in casa della madre, che la sta aspettando in strada insieme a un’amica. Ma Troilo non le permette di andare via: la colpisce con 17 coltellate, dietro la porta di ingresso chiusa a chiave, uccidendola. Da quel giorno, il 34enne e’ in carcere con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato (futili motivi e premeditazione). Il 6 luglio 2017, sette mesi dopo la tragedia, prende il via il procedimento giudiziario davanti al gup del Tribunale di Pescara, Nicola Colantonio. Il difensore dell’omicida, l’avvocato Giancarlo De Marco, chiede il rito abbreviato per il suo assistito – scelta che riduce di un terzo l’eventuale pena – e gioca anche la carta della perizia psichiatrica. Il consulente nominato dal giudice Colantonio, Massimo Di Giannantonio, docente di Psichiatria alla facolta’ di medicina dell’Universita’ D’Annunzio, giunge pero’ alla conclusione che l’imputato al momento dei fatti era capace di intendere e di volere.
La perizia di Di Giannantonio, depositata il 17 dicembre scorso, stabilisce infatti che: “Troilo non e’ stato affetto”, scrive il docente di Psichiatria, “al momento del compimento dell’atto delittuoso, da patologie psichiatriche, ovvero da elementi clinici di sufficiente valore psicopatologico, in particolare psichiatrico-forense, che possano consentire di affermare che sussistessero aspetti di malattia mentale tali da configurare una condizione di interesse medico-legale ai fini dell’imputabilita’, ovvero incidendo o diminuendo la capacita’ di Troilo di intendere e volere”. Troilo, inoltre, “e’ capace di partecipare coscientemente al procedimento penale – si legge nella perizia – avendo piena cognizione della situazione, delle dinamiche e delle strategie giudiziarie, necessarie all’esercizio dei differenti ruoli delle parti protagoniste di un processo penale”. Nel primo anniversario della morte della 26enne, la madre, Fabiola Bacci, e il fratello, Jonathan, hanno promosso una fiaccolata, da piazza della Repubblica a piazza Salotto. Dal giorno della tragedia, i familiari della ragazza sono anche impegnati in una raccolta di firme per riformare il rito abbreviato e fare in modo che i colpevoli di reati come il femminicidio non beneficino piu’ di sconti di pena. In ricordo di Jennifer, il Comune di Pescara ha posizionato in piazza Salotto una mattonella con una dedica e ha sistemato una panchina rossa al parco Calipari come “monito contro la violenza, particolarmente quella di genere”. Oltre ai familiari della giovane, anche il Comune, la Regione e l’associazione Ananke, attiva nella lotta alla violenza sulle donne, sono parte civile. Oggi dunque la sentenza, a meno di rinvii dell’ultimo momento.
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