Pescara. “Le telefonate intercettate sono chiare e dal contenuto anche un po’ squallido e si collegano al passaggio di danaro, sicuro e documentato tra D’Ambrosio e Panzone, e alla posizione di difficolta’ economica del professore universitario, che hanno portato al superamento degli esami da parte di D’Ambrosio”. Cosi’ il pm del Tribunale di Pescara, Barbara Del Bono, nel corso della sua requisitoria nell’ambito del processo sul cosiddetto “partito dell’acqua” che si sarebbe creato in Abruzzo nell’ambito dell’Ato numero 4 pescarese. Per sette degli undici imputati, tra cui l’ex presidente dell’Ato Giorgio D’Ambrosio, il pm ha chiesto una condanna pari complessivamente a 20 anni e 9 mesi di reclusione. La pubblica accusa ha ripercorso tutti capi di imputazione, tra cui quello relativo all’accusa di aver comprato la laurea in Economia e Management con la complicita’ del professore Luigi Panzone: “Il docente era protestato, in una situazione economica pesante e l’ex presidente dell’Ato D’Ambrosio si e’ prestato, emettendo assegni per 63.700 euro, di cui la meta’ rimborsati – ha sottolineato il pm Del Bono-. Panzone mette a disposizione di D’Ambrosio un giovane ricercatore e intercede presso altri professori prima degli esami sostenuti da D’Ambrosio”. Del Bono poi ha parlato delle ipotesi di peculato d’uso, anche se il reato e’ prescritto, relativamente “all’utilizzo improprio del telepass, della macchina e degli autisti dell’Ato, il pagamento di una serie di multe e le spese di rappresentanza per cene e altre attivita’ conviviali, anche attraverso l’utilizzo di una carta Kalibra, a disposizione dell’ente”. “D’Ambrosio – ha sostenuto il pm – ha utilizzato l’auto dell’ente per andare in parlamento e i suoi viaggi coincidono con le votazioni alle quali ha partecipato, commettendo un reato in concorso con i due autisti dipendenti dell’Ato”. Nel mirino della pubblica accusa anche una delibera del 2007, “che risulta falsa in quanto formata a novembre, ma anticipata di un mese nella data, perche’ era intervenuta una legge che avrebbe portato al commissariamento dell’Ato, rendendo impossibile la proroga degli incarichi dirigenziali”. Il difensore di D’Ambrosio, l’avvocato Giuseppe Amicarelli, a margine del processo ha commentato: “Nel corso della prossima udienza cercheremo di ribaltare l’impianto dell’accusa”.
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