Pescara. Caos in aula dopo la lettura della sentenza per il disastro di Rigopiano. Molti parenti urlano e contestano la decisione del giudice che ha assolto 27 imputati su 30.
“Vergogna vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini. Venduti. Fate schifo”. Queste le urla dei parenti delle vittime di Rigopiano alla lettura della sentenza da parte del giudice Gianluca Sarandrea al Tribunale di Pescara. Alcuni parenti delle vittime trattenuti a stento dalle forze dell’ordine.
“Questi qui hanno una discarica al posto del cuore! Speriamo nell’appello, ma se questo è l’andazzo non spero più niente, devo solo salvagardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia”. Così, pochi istanti dopo la lettura della sentenza, il padre di Jessica Tinari, morta nel resort di Farindola a 24 anni insieme al fidanzato Marco Tanda. “Noi pretendiamo rispetto dalle istituzioni, paghiamo con le nostre tasse i loro lauti stipendi e questi delinquenti ci trattano in questo modo. Meglio che stia zitto, sennò non so cosa posso dire” conclude allontanandosi tra le lacrime. Urla in aula Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’hotel, morto nel crollo. “Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste! Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?” urla disperato ricordando le telefonate di Gabriele dirette verso la Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017. D’Angelo, alle 11.38, circa cinque ore prima della valanga, chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell’hotel di lasciare la struttura.