Pescara. “Una societa’ che presenta un progetto per lo stoccaggio di combustibile derivante da
rifiuti solidi. Peccato pero’ che la societa’ medesima pare non essere assegnataria di alcuna area nella zona industriale nella quale vorrebbe realizzare l’impianto. Com’e’ possibile che il Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo il quale sta conducendo l’istruttoria abbia trascurato questa gravissima carenza documentale?”. Cosi’ il consigliere regionale Leandro Bracco su una vicenda “assai preoccupante e intricata” che riguarda la Riserva naturale di Punta Aderci, da vent’anni area protetta che con i suoi poco meno di tre chilometri quadrati compresi interamente nel Comune di Vasto. “Nei mesi scorsi la societa’ bresciana Ecoexport – sostiene l’esponente di Sinistra Italiana – ha presentato un progetto di stoccaggio di combustibile da rifiuti solidi nell’area industriale di Punta Penna. Si tratterebbe di un’iniziativa industriale di stoccaggio temporaneo da 45mila tonnellate l’anno di combustibile da rifiuti che verranno depositati e movimentati per poi essere inviati, per l’imbarco, presso la limitrofa area portuale”. “La zona interessata dal progetto – prosegue Bracco – e’ prossima alla Riserva naturale di Punta Aderci, luogo incantato e di rara suggestivita’ caratterizzato dal susseguirsi di spiagge di sabbia e ciottoli, alte falesie e scogliere incastonate in un paesaggio caratterizzato dall’inconfondibile vegetazione i cui tratti distintivi sono la macchia mediterranea e gli ampi vigneti e oliveti. La Riserva si estende dalla spiaggia di Punta Penna alla foce del fiume Sinello che si trova nel Comune di Casalbordino per una superficie complessiva di 285 ettari”.
“Purtroppo la vicinanza dell’area protetta alla zona industriale – afferma il consigliere
regionale – dimostra come troppo spesso la programmazione del territorio sia avvenuta in modo assolutamente scellerato. Negli ultimi anni infatti numerosi sono stati i progetti che, in quella zona, cittadini, associazioni e amministrazioni di vari colori partitici si sono trovati a contrastare. Anche per questa ragione le diverse procedure autorizzative non possono non essere condotte che con assoluto rigore”. “Quello proposto dalla societa’ Ecoexport – sottolinea Bracco – e’ solamente uno dei molteplici progetti impattanti con il quale il nostro Abruzzo e soprattutto il contesto geografico del Vastese ha dovuto e deve fare i conti. Basta immaginare le conseguenze che il transito
quotidiano di camion inevitabilmente produrrebbe sull’area protetta una volta realizzato lo stoccaggio”. “Vi e’ inoltre da dire – rende noto Bracco – che in questi giorni, grazie all’attivismo delle associazioni Arci e Italia Nostra e’ emerso un fatto a dir poco sorprendente e singolare. La Ecoexport infatti non risulterebbe essere assegnataria di alcuna area nella zona industriale di Vasto. Dalla missiva inviata il 7 maggio scorso dall’Azienda regionale attivita’ produttive
proprio al Comune di Vasto, la societa’ bresciana parrebbe non avere ne’ la disponibilita’ di immobili nella zona industriale di Punta Penna ne’ l’autorizzazione a esercitare alcun tipo di attivita’”. “Non vi sarebbe quindi traccia – sottolinea Bracco – di nessun titolo relativo al capanno ‘prefabbricato in cemento armato precompresso per una superficie complessiva di 10.310 metri quadrati’ cui si fa riferimento nella documentazione presentata dalla societa’. Il fatto appare gravissimo anche perche’ questa circostanza, da alcuni mesi, e’ stata segnalata da Arap medesima.
Come puo’ essere stato possibile che il Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo (che sta conducendo l’istruttoria ai fini dell’autorizzazione) abbia trascurato tale rilevante carenza documentale, peraltro formalmente evidenziata dalla stessa Arap? E per quale motivo il Comune di Vasto non ha sospeso la procedura di Valutazione d’incidenza ambientale?”. “Tralasciare la disamina di rimarchevoli elementi documentali – osserva Bracco – appare un fatto inammissibile anche rispetto ai principi di buon andamento della pubblica amministrazione che non puo’ essere
chiamata a valutare progetti che potrebbero risultare ‘fantasma’. Per non parlare poi, una volta autorizzato il progetto, del concetto di responsabilita’. Nell’eventualita’ si verificassero incidenti, a chi potrebbe infatti essere contestato il principio del ‘chi inquina paga’? Oltre a chiarire i fatti in ogni propria sfaccettatura – conclude Leandro Bracco – chiedo che il progetto venga rigettato senza ulteriore perdita di tempo”.
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