Pescara. C’è anche il kit di Montepulciano d’Abruzzo tra gli “orrori” scovati in giro per il mondo ed esposti nella “mostra del finto made in Italy”, allestita questa mattina in occasione del convegno dell’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura intitolato “La Contraffazione alimentare e il made in Italy”, promosso in collaborazione con Coldiretti e con la partecipazione della Camera di Commercio di Pescara. Tra i vari San Marzano prodotti in usa, la Palenta prodotta in Croazia passando per il Kresecco della Germania e il Regianito “scovato” in Argentina, anche un singolare “pacchetto” contenente discutibili ingredienti che promettono di ottenere – a casa e in pochi giorni – il vino simbolo dell’economia agricola abruzzese a danno di oltre 20mila viticoltori abruzzesi (di cui 225 vitivinicoltori) che coltivano con passione e sacrificio i vitigni da cui si ottiene una delle migliori eccellenze dell’enologia internazionale con una produzione complessiva di circa 700mila ettolitri di imbottigliato su 17mila ettari dedicati. Così, nel “miracoloso” wine kit – acquistabile in rete o anche direttamente in negozi di alcuni paesi dell’Unione europea – è possibile trovare un liquido che sembra essere mosto concentrato e diversi tipi di polveri che sembrano essere il lievito necessario per la fermentazione, la bentonite per la chiarificazione del vino, il metabisolfito di potassio, il sorbato di potassio come antifermentativo e il liquido chiarificatore. “Un vero e proprio tripudio del falso che danneggia l’immagine e la credibilità conquistata dai produttori abruzzesi con fatica, lavoro e sacrificio>> dice il direttore di Coldiretti Abruzzo Alberto Bertinelli <<ma soprattutto una grave offesa a chi si impegna per valorizzare un prodotto di qualità che esprime la storia e la cultura di un territorio e un grande inganno per il consumatore ignaro di ciò che compra”. Un’ulteriore banalizzazione delle produzione vinicola italiana che, a fronte del moltiplicarsi di falsi made in Italy soprattutto tra vini e spumanti, rende sempre più urgente l’intervento delle Istituzioni per tutelare le esportazioni di vino Made in Italy. “Oltre al danno economico, a preoccupare è soprattutto il danno di immagine che la diffusione di questi kit provocano tra i consumatori emergenti dove non si è ancora affermata la cultura del vino – aggiunge Coldiretti – Il problema non è legato solo all’utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese poiché in base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti. La definizione europea del vino non contempla l’aggiunta di acqua e soprattutto per questo il commercio dei wine kit su tutto il territorio europeo andrebbe vietato”.
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