L’Aquila. “Non si poteva che prendere atto di una situazione che va avanti dal 2012, c’era necessità di uscire da uno stallo, denunciato più volte nel corso di questi anni, su questioni importanti che richiamano responsabilità ed obblighi precisi, prima tra tutti la messa in sicurezza sismica di ponti di viadotti, la incolumità degli automobilisti alla luce delle giornaliere invasioni della fauna selvatica in autostrada e la questione delle tariffe”.
Così fonti di Strada dei Parchi, concessionaria delle autostrade laziali ed abruzzesi A24 e A25 in cui vertici nei giorni scorsi hanno inviato una lettera ufficiale al governo nazionale per la cessazione anticipata del contratto di gestione, stipulato nel 2000 dopo la fine della gestione pubblica di Anas e in scadenza del 2030 con la richiesta di indennizzo di 2,4 miliardi di euro.
Sempre stando a fonti interne a Sdp, del gruppo industriale abruzzese Toto che dà lavoro a circa 1.700 persone (di cui circa 400 in Strada dei Parchi), la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la recente bocciatura da parte del Cipess, dell’ultima bozza del Piano economico e finanziario, non rinnovato dal 2013, “nella versione cosiddetta a zero investimenti voluta dal Governo che l’ha imposta con una decisione proceduralmente discutibile al commissario governativo per il Pef Fiorentino il quale la aveva presentata al Cipess”. “In questo mondo non si può pianificare la gestione di una infrastruttura così importante e così complessa”, concludono fonti legate della concessionaria. Sdp aveva già ricevuto nei mesi scorsi dal governo una istanza, peraltro non ufficiale, di revoca anticipata della concessione in un quadro complessivo di indirizzo teso a tornare alla gestione pubblica delle autostrade nazionali.
Nella lettera inviata al Ministero per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili e al Ministero dell’Economia si chiede allo Stato di avviare le procedure per la cessazione anticipata della concessione (ai sensi dell’articolo. 11.11 del contratto firmato nel 2000), in scadenza nel 2030: la Spa del gruppo industriale abruzzese Toto ha quantificato in 2,4 l’indennizzo come previsto nella stessa convezione.
Tra le motivazioni principali, la mancata remunerazione degli investimenti, degli incrementi tariffari e degli introiti mancati fino al 2030. La decisione del Gruppo Toto ha del clamoroso e giunge al termine di anni di contenzioso con il Governo nazionale: in particolare il braccio di ferro si basa sul mancato rinnovo del piano economico e finanziario, fermo del 2013, la bocciatura di più di una versione di Pef e il blocco del mega progetto di messa in sicurezza sismica dei 280 chilometri delle due arterie diventato di attualità nel 2012, dopo il terremoto dell’Aquila del 2009, con la legge di stabilità che considera le autostrade strategiche in caso di calamità naturali.
Questo nonostante la nomina di due commissari, uno da parte del Consiglio di Stato e uno governativo. Il primo, due anni fa, in seguito alla ordinanza in cui l’allora Ministero per le Infrastrutture è stato esautorato per inadempienza proprio nell’asportazione del Pef. E in un quadro di inchieste delle quattro Procure abruzzesi su ponti e viadotti ammalorati. La versione discussa più a lungo presentata dal commissario governativo, Maurizio Gentile, (sostituito recentemente dall’avvocato dello Stato Marco Corsini), prevedeva un mega investimento di 6,5 miliardi di euro, di cui 2 a carico del privato, con un stima sui tempi di 15 anni e con migliaia di assunzioni per lavori imponenti, come previsto dal contratto fatti in house dal Gruppo Toto.