L’Aquila. Tra ricoveri sospesi, prestazioni rinviate, carenza di personale e difficoltà a isolare e gestire i pazienti “Covid, non-Covid”, è destinata a lasciare strascichi la quarta ondata che ha investito i reparti di medicina interna.
Al punto che in Abruzzo ci vorrà almeno un anno per tornare all’attività ordinaria nelle corsie degli ospedali.
La stima è della Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (Fadoi), che sul tema ha svolto un’apposita survey.
La riduzione dei ricoveri programmati in regione, senza raggiungere il quasi blackout delle ondate precedenti – rileva la federazione – è comunque stata nell’ordine del 10-20%, così come per le prestazioni programmate, come accertamenti diagnostici, visite e analisi. Ma la macchina ha difficoltà a ripartire. La ripresa dell’attività di ricovero ordinaria è infatti al momento tra il 60 e il 90%. Simile la situazione riguardo la ripresa delle prestazioni programmate, che è sempre tra il 60 e il 90% dei livelli standard. Condizionano la ripresa delle normali attività anche i pazienti ricoverati per altre patologie e poi risultati positivi al Covid.
Se ci vorrà un anno per recuperare, l’auspicio di Fadoi è di non “incappare in altre ondate indotte da nuove varianti, anche se già Omicron sta facendo sentire i suoi effetti, visto che i ricoveri sono aumentati nelle ultime settimane”. Dalla survey emerge che le difficoltà di tipo gestionale riguardano le carenze di personale, la mancanza di aree dedicate ai positivi ricoverati per altre patologie o di zone multidisciplinari adeguate. A tutto questo si aggiungono i pazienti affetti da “long Covid” da continuare a seguire: secondo le stime sono tra il 10 e il 20% dei guariti abruzzesi.
“Sulla base del DGR 121 del 12.3.21 – spiega Amleto Nepa, Presidente Fadoi Abruzzo – in ogni Asl Abruzzese è stato istituito almeno un ambulatorio Long Covid, coordinato dal medico specialista in malattie infettive, che opera in equipe con pneumologo, cardiologo, neurologo, nefrologo, psichiatra/psicologa e un infermiere con specifica formazione. A seconda delle esigenze, possono essere coinvolte altre figure mediche o sanitarie”.