Spoltore. Prima udienza, davanti al tribunale collegiale di Pescara, del processo a carico di don Vito Cantò, il parroco di 44 anni accusato di abusi sessuali su un ragazzo di 15 anni, ai tempi in cui guidava la parrocchia di San Camillo de Lellis a Villa Raspa di Spoltore (Pescara). Il sacerdote era stato rinviato a giudizio dal gup Gianluca Sarandrea e oggi il collegio presieduto dal giudice Maria Michela Di Fine ha aggiornato l’udienza al prossimo 8 giugno, in attesa di conoscere la decisione della Cassazione, prevista per il 10 aprile, sulla questione del “ne bis in idem” sollevata dall’ avvocato del parroco, Giuliano Milia. La difesa sostiene, in sostanza, che poiché don Vito Cantò è già stato condannato dal tribunale ecclesiastico per la stessa vicenda e sta già scontando la pena, non può essere giudicato una seconda volta da un tribunale penale. Vincenzo Di Girolamo, legale della famiglia del giovane al centro degli abusi, ha presentato una contromemoria, chiedendo invece che il processo penale vada avanti. Alla Cassazione spetterà il compito di assumere una decisione in merito.
Il processo canonico, iniziato nel 2013, si è concluso con una sentenza di condanna che prevede l’interdizione perpetua dallo svolgimento di attività parrocchiali a contatto con i minorenni, la sospensione per tre anni dal ministero sacerdotale, l’obbligo di dimora per cinque anni, all’interno di un monastero di Roma, al fine di condurre “una vita di preghiera e di penitenza”, e la prescrizione di “un percorso psicoterapeutico”. Don Vito Cantò ha comunque evitato la pena massima prevista dal tribunale ecclesiastico, ovvero la perdita dello stato clericale. I fatti risalgono al 2013, quando alla curia di Pescara arrivarono voci su presunti abusi sessuali ai danni di un ragazzino. Nell’estate del 2013, con il processo canonico alle battute iniziali, fu l’arcivescovo Tommaso Valentinetti a sospendere don Vito “ad cautelam”, ma senza informare le forze dell’ordine dei presunti abusi sessuali. Proprio in quel periodo il parroco lasciò misteriosamente e improvvisamente la parrocchia di Villa Raspa e si dimise dal suo ruolo di educatore negli scout dell’Agesci. Dopo l’inizio del processo canonico, i genitori del ragazzo si rivolsero alla squadra mobile guidata da Pierfrancesco Muriana, rivelando che tra il 2011 e il 2012 ci sarebbero stati incontri sessuali tra il prete e il minorenne nell’alloggio canonico di don Vito. Sulla base degli atti dell’inchiesta, coordinata dal pm Salvatore Campochiaro, “i rapporti sarebbero avvenuti senza costrizione fisica ma, a distanza di mesi, avrebbero provocato una crisi di identità sessuale al ragazzo” e lui si sarebbe confidato con i genitori.